Statement – Le condizioni di sicurezza dei Dottorandi all’estero

Statement – Le condizioni di sicurezza dei Dottorandi all’estero

Audizione della Società Italiana del Dottorato di Ricerca in Commissione parlamentare di inchiesta sulla morte di Giulio Regeni della Camera dei Deputati

 

Indice

  1. Presentazione di SIDRI
  2. L’attenzione di SIDRI per il caso Regeni
  3. Il rapporto tra Governi, istituzioni universitarie e ricercatori: un sottile “confine” nell’attribuzione di ruoli, compiti e responsabilità
  4. La mappatura dei rischi ed i protocolli già adottati dalle Università italiane
  5. Considerazioni conclusive sulla base dell’indagine svolta da SIDRI

1) Breve presentazione di SIDRI

La Società Italiana del Dottorato di Ricerca (SIDRI) è stata costituita per promuovere il miglioramento dello status quo di chi ha svolto il dottorato di ricerca, quale più alto livello di istruzione e formazione previsto dal nostro ordinamento giuridico, con lo scopo di valorizzare, nelle diverse aree scientifiche e di competenza professionale (istruzione, pubblica amministrazione, sanità, mondo accademico, etc.), i percorsi professionali da parte dei PhD i quali sono dotati di una formazione di eccellenza e che possono ambire a divenire interlocutori privilegiati del tessuto produttivo nazionale, sia a livello istituzionale che imprenditoriale.

Dalla costituzione di SIDRI ad oggi, la nostra Associazione è diventata una realtà fortemente radicata nell’intero territorio nazionale, con la presenza di Dottorandi di ricerca in quasi tutti gli Atenei e con una vasta composizione di Dottori di ricerca che svolgono la propria attività professionale nei principali settori produttivi ed economici del Paese (appartenenti al mondo accademico, come Ricercatori e Professori, ed anche dipendenti di Pubbliche Amministrazioni, liberi professionisti – tra cui notai, commercialisti, avvocati, medici – dipendenti di aziende private, etc.).

Tenuto conto delle competente multidisciplinari, SIDRI si propone di partecipare ad ogni livello del dibattito istituzionale italiano in relazione alla valorizzazione del titolo di dottore di ricerca con lo scopo di garantire il pieno adeguamento dell’Italia alla Carta europea dei ricercatori ed al tempo stesso per ottenere un loro riconoscimento pratico del loro percorso professionale nelle Università e negli istituti di formazione/ricerca avanzata e di eccellenza, in ambito nazionale ed internazionale.

Ed infatti, qualora adeguatamente impiegati e valorizzati (come già accade in altri paesi ad economia e tecnologia avanzate e in alcuni paesi di recente industrializzazione, verso i quali si spostano anche molti ricercatori italiani), i Dottori di ricerca sono in grado di incrementare la competitività e la produttività delle aziende, sia pubbliche che private, oltre che del sistema universitario e della ricerca.

Tuttavia, oggi, questi “asset” strategici non risultano compiutamente valorizzati nel panorama lavorativo privato e pubblico nazionale, laddove, invece, costituirebbero un quid pluris indiscutibile per qualsiasi organizzazione economica e produttiva.

Sulla base delle istanze pervenute dai Dottori di ricerca, SIDRI ha individuato alcune proposte concrete, sostenibili e realizzabili, al fine di sensibilizzare il nostro Paese al ruolo e alle potenzialità di questa figura nei diversi contesti lavorativi.

L’obiettivo fondamentale è quello di mettere in campo misure volte a impiegare utilmente i Dottori di ricerca nell’economia nazionale, anche con il proposito di arginare la fuga verso l’estero di risorse umane con elevato grado di formazione, sulle quali il Paese ha investito in anni di formazione specialistica.

Con questo spirito, ci permettiamo di commentare, emendare e sposare alcune delle ultime proposte in materia di Dottorato di ricerca ed, al tempo stesso, di attenzionare tutti i progressi in campo scientifico ed istituzionale portati avanti dai nostri colleghi italiani, sia in campo nazionale che all’estero.

A tal proposito, il 12 Febbraio 2020 abbiamo incontrato il Ministro della Pubblica Amministrazione Fabiana Dadone, a cui abbiamo illustrato le nostre proposte per valorizzare il Dottorato di Ricerca nella Pubblica Amministrazione, per il trasferimento delle conoscenze e lo sviluppo dell’innovazione nel sistema pubblico.

Successivamente, abbiamo avviato una proficua cooperazione con il Ministro della Ricerca e dell’Università Gaetano Manfredi, con una serie di proposte, qualcuna delle quali già recepita in piena emergenza COVID.

Ed ancora, SIDRI ha già avviato una serie di interlocuzioni con CONFINDUSTRIA ed il mondo delle professioni ordinistiche, al fine di incentivare il processo di valorizzazione del Dottorato di Ricerca in Italia.

2) L’attenzione di SIDRI per il caso Regeni

Sin dalla propria costituzione, SIDRI ha seguito e segue il “caso Regeni” con tutta l’attenzione che deve essere dedicata a questa vicenda ancora irrisolta, nella quale un nostro collega è stato ucciso durante lo svolgimento delle sue ricerche accademiche e senza che ancora sia stata fatta luce sulle cause e sui mandanti di questa barbarie.

SIDRI ha previsto per la sua seconda assemblea nazionale che si terrà il 31 Ottobre 2020, un panel dal titolo: “Giulio Regeni, una ferita aperta del paese”, nel corso del quale interverranno il Presidente Palazzotto, il Presidente di Amnesty International – Italia Emanuele Russo, e siamo in attesa della conferma del Presidente della Camera Roberto Fico.

Oggi più che mai, desideriamo ottenere giustizia e verità su questo mistero ancora irrisolto e, pertanto, saremmo lieti di collaborare – per quanto di nostra competenza – con codesta Onorevole Commissione Parlamentare d’inchiesta.

In tal senso esprimiamo la nostra volontà di collaborare attivamente nei modi e limiti che codesto organo parlamentare riterrà opportuno, al fine di portare tutto il nostro sostegno, pratico e morale, da parte della comunità Dottorale, con lo scopo di ottenere giustizia e fare luce sulla verità dei fatti.

Infatti il doloroso caso di Giulio Regeni ha avuto l’effetto di porre all’attenzione dei media internazionali, delle istituzioni e dell’opinione pubblica, in modo forse nuovo, sulla realtà che i ricercatori affrontano nella conduzione dei propri studi in zone instabili dal punto di vista geopolitico, in delicati e complessi contesti sociali e politici, connotati da molteplici tensioni.

Il caso ha suscitato una portata mediatica complessa, alimentata soprattutto dall’alone di mistero che ha circondato la sua morte, rafforzata anche dai silenzi, dai depistaggi, dalle rivelazioni che ancora oggi continuano ad emergere. Sicuramente il movimento pubblico nato per sostenere la ricerca di verità ha contribuito non poco ad accendere i riflettori sul caso, ma anche a non farli spegnere nel tempo.

La consapevolezza di potersi muovere in sicurezza, o sapere come muoversi in sicurezza, è un elemento imprescindibile ed irrinunciabile per un ricercatore in una zona a rischio, così come lo è anche per l’istituzione o ente di ricerca per cui lavora, che dovrebbe compiere ex ante questo tipo di valutazioni, di concerto con il Ministero degli Esteri e con il Ministero dell’Università e della Ricerca, redigendo un protocollo unico a livello nazionale che ad oggi non esiste, svolgendo anche un approfondito lavoro in materia di valutazione e prevenzione dei rischi e delle connesse responsabilità. Tale necessità nasce anche da alcune valutazioni sulle responsabilità di quanto accaduto anche nei confronti dei diretti referenti accademici di Giulio Regeni, i quali sarebbero stati consci dei rischi che il ricercatore avrebbe potuto correre.

3) Il rapporto tra Governi, istituzioni universitarie e ricercatori: un sottile “confine” nell’attribuzione di ruoli, compiti e responsabilità

Nell’ambito dell’analisi che SIDRI ha effettuato, è necessario preliminarmente chiarire che i rischi sulla sicurezza cui un ricercatore può incorrere nell’ambito della propria attività all’estero sono concentrati nelle zone definite a rischio geopolitico ovvero aree geografiche che ospitano circa il 75% della popolazione del pianeta e coincidenti – seppur con diverse gradazioni – con la quasi totalità dei cosiddetti Paesi in via di sviluppo. Nella nostra analisi abbiamo constatato che i rischi legati allo svolgimento di un dottorato all’interno dell’Unione Europea sono certamente ricompresi nella più vasta classificazione effettuata in ordine ai rischi sulla sicurezza nei paesi extra UE. Ed infatti, la circostanza che il Dottorando svolga la propria attività di ricerca in paesi dell’Unione Europea, certamente garantisce una forte base di diritti, conoscenze, accessibilità alle informazioni, tutele reciproche tra i diversi paesi, un background normativo comune che comunque stempera e mitiga, se non addirittura elimina, qualsiasi rischio relativo alla propria attività di ricerca, rendendolo pienamente equiparabile a quello che il ricercatore potrebbe  nel proprio paese d’origine. Dunque, il livello di protezione e la percezione della sicurezza da parte del Dottorando nello svolgimento della propria attività di ricerca nei paesi UE, è certamente alto.

Per mera completezza è altresì opportuno sottintendere che in Italia il Dottorato di ricerca è qualificato come corso universitario di terzo livello e, dunque, da un punto di vista formale, secondo la legislazione italiana, il Dottorando è uno studente. Seppur in disaccordo da un punto di vista ontologico, ai fini di quanto sarà specificato nel seguito della presente relazione, il termine studente, ricercatore e dottorando sono ritenuti perfettamente equiparabili.

Da un punto di vista generale, per il ricercatore in transizione, il cambiamento avviene su tutti i fronti. L’assetto istituzionale, formale e le regole giuridiche, culturali, sociali sono conosciute solo in parte nei primi mesi dell’attività di ricerca, ma risulta chiaro che le stesse sono notevolmente diverse da quelle relative ai propri paesi d’origine. Le relazioni del ricercatore, anche da un punto di vista accademico, che sono fondamentali e forniscono elementi di estrema importanza per il loro reinsediamento in territorio straniero, sono frammentate e devono essere ricercate e create nel nuovo percorso all’estero. A ciò si aggiunga che i cambiamenti nei ruoli formali, nei legami personali, nelle reti sociali condizionano inevitabilmente il percorso di vita dell’individuo con la conseguenza che la sicurezza del ricercatore risulta sempre incompleta se non vengono preventivamente adottate misure finalizzate ad evitare possibili situazioni di incertezza e/o di rischio nel relativo percorso.

In questa era sempre più globale, gli studenti/ricercatori non sono l’unica categoria per la quale la mobilità è aumentata. Anche altri tipi di persone si spostano a livello transfrontaliero, per affari e lavoro, per turismo, i migranti a lungo termine, gli sfollati a causa di guerre o calamità naturali. Tale flusso migratorio, per le popolazioni di alcuni paesi può generare tensioni sociali, soprattutto in relazione alla mobilità associata alla migrazione ed all’insediamento dei rifugiati. Si pensi ad esempio alla Brexit ed alle ragioni che hanno indotto la popolazione della Gran Bretagna a votare favorevolmente alla uscita dall’UE, nonché alle conseguenze che si stanno verificando non soltanto con riguardo alla libera circolazione di beni, servizi, capitali, ma anche in relazione allo spostamento delle persone, dei lavoratori, degli studenti ed ai loro diritti di stabilimento su quel territorio.

Le nazioni differiscono nella loro ricettività nei confronti dei nuovi arrivati, nella loro apertura e disponibilità a condividere, nella loro tolleranza per la differenza e nelle opportunità che offrono. A volte, per la popolazione ospitante, coloro che attraversano il confine, temporaneamente o permanentemente, rappresentano un pericolo in quanto la loro preoccupazione è quella di ottenere la sicurezza sociale ed economica esclusivamente per le loro famiglie e se stessi.

Cambiando punto di vista, per i ricercatori in mobilità, nell’era della modernità, è probabile che la sicurezza risieda in una valida combinazione di tradizione e cambiamento. Ed infatti, da un lato, si avverte che la sicurezza dello Stato ospitante possa entrare in tensione con la sicurezza degli individui, dei gruppi e di particolari comunità all’interno degli stati nazione. Allo stesso tempo le persone e, in particolare, i ricercatori all’estero, mutano e/o adeguano i loro valori senza necessariamente compromettere i principi di cui sono portatori.

Le religioni hanno concezioni diverse della sicurezza. Le pratiche di sicurezza dello Stato assumono significati diversi a seconda delle tradizioni e degli atteggiamenti prevalenti.

Il fatto che culture diverse hanno comprensioni divergenti di ciò che rappresenta la sicurezza emerge chiaramente quando gli individui si trasferiscono in un ambiente straniero. Le persone che si trasferiscono devono affrontare una nuova serie di complesse questioni culturali che influiscono sulla loro sicurezza. Allo stesso modo, anche il paese ospitante deve affrontare una nuova serie di complesse questioni culturali che possono sembrare minacciose.

Di certo, non si può pretendere di imporre ad uno studente straniero cambiamenti nella propria scala di valori per il solo fatto di essere ospitati in una nazione straniera; di contro, è altrettanto vero che gli studenti hanno la capacità di adeguarsi rapidamente ed efficacemente alle nuove esigenze, con la conseguenza che potrebbero risultare responsabili del loro adeguamento in relazione alle policies del luogo ospitante.

Tuttavia, la capacità di esercitare la responsabilità individuale non può essere data per scontata. La responsabilità richiede libertà e le libertà sostanziali di cui godiamo nell’esercizio delle nostre responsabilità sono estremamente dipendenti dalle circostanze personali, sociali e ambientali, comprese quelle politiche, sociali, relative al livello d’istruzione, alla partecipazione politica democratica ed all’esercizio dei diritti umani.

Gli individui devono essere responsabili del proprio benessere; sta a loro decidere come utilizzare le proprie capacità. Ma le capacità che una persona ha effettivamente (e che non solo teoricamente gode) dipendono dalla natura degli assetti sociali, che possono essere cruciali per le libertà individuali. E in questo senso, certamente lo Stato e la società non possono sfuggire alle relative responsabilità.

Quindi, la sicurezza internazionale dei ricercatori è condizionata:

(a) dalle condizioni economiche, politiche, sociali e culturali, inclusi i valori sociali prevalenti, dei paesi ospitanti, nonché dal livello di protezione che l’ordinamento di appartenenza assegna al medesimo;

(b) dalla portata dell’autodeterminazione dell’agire umano stesso.

Non si può negare, infatti, che gli studenti ripongono la propria sicurezza sulla base di elementi e circostanze che non controllano del tutto. Ciò significa che la politica e la regolamentazione dello Stato, la gestione istituzionale da parte delle istituzioni accademiche, la sfera civile e privata, sono tutti fattori che influenzano le pratiche di sicurezza.

A parere di SIDRI, non è condivisibile il pensiero di chi, a prescindere dall’esistenza di specifici protocolli di sicurezza e dall’adozione di specifiche misure finalizzate a minimizzare i rischi, rimette alla capacità stabile di autodeterminazione umana la possibilità di non incorrere in un rischio per la sicurezza personale. Tale affermazione risulta, a nostro parere, soltanto parzialmente corretta.

Innanzitutto, il mantenimento di una capacità stabile di autodeterminazione, soprattutto in determinate circostanze non facilmente gestibili, è difficoltoso per un ricercatore che si sposta dal proprio ambiente culturale ad un altro. La mobilità, infatti, porta con sé sia una condizione di opportunità che di pericolo e, ciò, in quanto è necessario acquisire nuove conoscenze, capacità, caratteristiche e confrontarsi con nuovi problemi. Si pensi che per la maggior parte degli studenti, la sicurezza dell’individuo è influenzata da questioni culturali: un uguale rispetto culturale è difficile da garantire in paesi i cui sistemi istituzionali e le politiche pubbliche sono differenti da quelle di origine.

Ed ancora, assente dal Paese di origine, lo studente non può accedere a tutte le sue tutele e diritti e le sue relazioni con le istituzioni di appartenenza sono attenuate.

Inoltre, sussiste una notevole asimmetria informativa nel rapporto con le istituzioni ospitanti. L’accesso alla conoscenza, alle informazioni e alle risorse comunicative è cruciale per l’autodeterminazione dell’agire dell’individuo e, dunque, una maggiore capacità informativa e comunicativa può essere cruciale per la loro sicurezza.

Ne consegue che la questione della sicurezza nella ricerca in campo internazionale mette in risalto il ruolo del Governo, dell’ordine pubblico, della legge e della regolamentazione, che per lo più significa lo stato nazione.

Coerentemente con il ruolo crescente della responsabilità personale nelle società moderne, i Governi hanno sempre più fatto ricorso all’adozione di sistemi basati su una crescente devoluzione e delega di funzioni di ordine sociale direttamente alle Università, famiglie, individui, organizzazioni non governative. Tale devoluzione riduce le aspettative sulle Autorità statali, le quali rimettono direttamente alla capacità dei singoli individui il compito di informarsi, istruirsi, tutelare la propria sfera sociale; in pratica, gli Stati risparmiano denaro che altrimenti verrebbero spesi in programmi pubblici, riducendo la pressione politica sugli stati nazione, in nome di poteri e libertà popolari rafforzati.

Ciò inevitabilmente conduce a ritenere direttamente responsabili le Università, le famiglie, gli individui, che comunque non sono sempre in grado di fare queste scelte, nonché adottare le relative azioni, senza un ausilio da parte delle Autorità nazionali.

In pratica, la capacità di istruzione, compresa la sicurezza degli studenti, è strutturata da una divisione di responsabilità a tre vie: Governo, Università e studente.

Ora, per gli studenti l’unico contatto diretto con le istituzioni è insito nel proprio rapporto con le Università. Quest’ultime, invece, si trovano a dover gestire sia il rapporto con l’Autorità governativa, sia quella con i ricercatori.

Dunque, bisogna constatare che non esiste alcun rapporto tra studenti e Governo. La responsabilità è devoluta dal Governo alle istituzioni accademiche le quali a loro volta trasferiscono gran parte della responsabilità agli studenti stessi.

In pratica, in assenza di risposte da parte delle Autorità governative nella gestione dei processi di mobilità transfrontalieri, la responsabilità pratica primaria per la sicurezza e l’assistenza degli studenti viene devoluta dal Governo alle istituzioni accademiche e, tramite esse, ai ricercatori stessi i quali in ultimo, hanno il compito ed il dovere morale di autodeterminarsi e di prevenire la possibile insorgenza di rischi sulla propria incolumità.

A parer nostro, tale presa d’atto risulta una constatazione amara, che però declina in modo del tutto evidente la verità dei fatti! La vicenda per la quale codesta Commissione sta effettuando virtuosamente la propria indagine – al fine di fare giustizia (ed il caso Regeni è soltanto uno dei molteplici casi nella storia della nostra nazione in cui ancora non è stata fatta giustizia) – purtroppo conferma che le Autorità governative ancora non hanno dato nessuna risposta alla famiglia, alle istituzioni ed all’intera popolazione italiana, nonché hanno rivelato l’inefficacia delle azioni sinora condotte, anche sul piano del diritto internazionale, che stanno semplicemente lasciando un silenzio assordante in tutta la comunità dottorale.

Dunque, l’unica risposta è rimessa alle istituzioni universitarie ed ai ricercatori che, in ultimo, hanno il compito ed il dovere morale di autodeterminarsi e di prevenire la possibile insorgenza di rischi sulla propria incolumità.

Dunque, il passaggio dalla burocrazia statale paternalistica ad una politica sociale autogestita è incompleto. Il paternalismo sopravvive. Anche la coercizione sopravvive. Ma c’è un uso diffuso di autoregolamentazione e di meccanismi informali che devono essere gestiti al fine di sviluppare a processi virtuosi di regolamentazione dei processi di mobilità a livello internazionale e, ciò, direttamente da parte degli Atenei quali istituzioni di mezzo tra l’Autorità nazionale ed il ricercatore.

L’umanesimo universale non ha alcun ruolo nel quadro giuridico. I diritti sono visti come vincolati alla nazione e, purtroppo, gli studenti in mobilità, per i paesi ospitanti, sono qualificati soltanto come consumatori.

Ed infatti, un’autentica uguaglianza transfrontaliera esiste solo nelle relazioni commerciali. È come se solo pensando al commercio gli Stati nazionali potessero facilmente immaginare un mondo senza confini in cui il Governo si tenga lontano dal controllo. In pratica, nella tensione che si crea nell’ambito del rapporto tra stato nazione e mercato globale aperto, la scelta è posizionare lo studente internazionale come un consumatore astratto, come un soggetto puramente economico, preservando il controllo nazionale sui movimenti transfrontalieri attraverso il regime migratorio.

Dunque, lo studente all’estero è immaginato e regolamentato come un consumatore in un rapporto contrattuale con la propria istituzione ospitante.

La metafora della transazione commerciale significa abbandonare l’impostazione secondo cui lo stato sociale eroga servizi di alta qualità come diritto universale, a prescindere se il cittadino abbia la capacità di pagare, nonché rinunciare alla consapevolezza che i produttori di conoscenza plasmano il proprio sviluppo sulla base di ciò che l’istruzione e la ricerca comporta.

È vero che lo studente internazionale è un consumatore. Ma lo studente è molto di più. Crediamo che gli studenti debbano ricevere servizi di alta qualità ed esercitare sicurezza e protezione complete e libertà autodeterminate; non solo i diritti dei consumatori ma i diritti industriali, civili, al benessere, all’assistenza sanitaria ed agli altri servizi pubblici essenziali, ad un alloggio sicuro ed economico, ad un’istruzione di qualità, all’assistenza in casi di crisi. Gli studenti internazionali hanno diritto a un supporto professionale completo, nell’apprendimento, nella consulenza, negli alloggi e in altri servizi.

Dunque, la regolamentazione dei processi di mobilità studentesca a livello internazionale dovrebbe tener conto di ciò che accade nei paesi ospitanti, soprattutto in relazione alla responsabilità pratica per la sicurezza degli studenti. Ciò rappresenta uno degli elementi distintivi di una società civile che tratta la sicurezza umana di ogni persona come un diritto umano elementare. È il segno di una società civilizzata e cosmopolita che regola la sicurezza in modo sensibile alle differenze dei bisogni e dei valori tra gli individui ed i gruppi sociali.

In conclusione, è del tutto evidente che risulta inefficace ordinare tutte le questioni globali attraverso la negoziazione bilaterale, tenuto conto che gli sviluppi del diritto internazionale mettono in discussione il presupposto tradizionale che i limiti del territorio nazionale sono anche limiti di governance. Ma la governance e la regolamentazione globale sono sottosviluppate e non sono necessariamente sincronizzate con la dimensione nazionale. Le decisioni sul movimento globale delle persone continuano ad essere prese dai Governi, la cui autorità formale e sostanziale si ferma al confine territoriale. I diritti e le vite degli individui in mobilità sono regolati attraverso il prisma della politica nazionale piuttosto che attraverso la cittadinanza globale. In questo contesto, il termine “sicurezza” si riferisce alla vulnerabilità degli stati nazione e alla loro autoprotezione quasi militare attraverso i controlli alle frontiere, piuttosto che ai diritti e ai bisogni degli studenti internazionali e di altre persone transfrontaliere. I governi lottano per gestire i flussi di persone globali che non possono mai controllare completamente, ma non per garantire meccanismi di tutela della collettività, globalmente intesa.

4) La mappatura dei rischi ed i protocolli già adottati dalle Università italiane

Come noto, la presenza dei ricercatori italiani all’estero è sempre più diffusa; e ciò non soltanto limitatamente all’attività di studio che effettuano nell’ambito del loro percorso di ricerca, ma anche in considerazione del fenomeno purtroppo sempre maggiormente dilagante del brain drain, in cui i giovani studiosi puntano a valorizzare le proprie expertise distanti dalle proprie comunità accademiche.

Proprio in relazione alle attività di ricerca è bene porre all’attenzione di codesta Commissione i seguenti aspetti di estrema rilevanza con riguardo alla possibile mappatura dei rischi che occorre effettuare.

Innanzitutto, bisogna distinguere i seguenti tipi di ricerca:

  1. Ricerca di analisi di fonti primarie e secondarie;
  2. Ricerca “dal basso”/partecipativa (indagini sul campo, osservazione partecipata) come nel caso di Giulio Regeni, in relazione all’analisi delle dinamiche sociali che informano i casi studio (studio sindacati indipendenti).

Proprio nei casi di ricerca “partecipativa” vi sono rischi di vari livelli: ad esempio, le persone coinvolte potrebbero sentirsi minacciate e rifiutarsi di rispondere oppure un focus group può essere confuso come un assembramento in paesi in cui sono presenti dure leggi anti-proteste.

In questi casi i Dipartimenti Universitari devono avere le idee chiare sul rischio dello svolgimento di una ricerca partecipativa in contesti di repressione politica, in cui sussistono “zone grigie e ambigue” con elementi che attengono tipicamente al rischio geopolitico (security).

A tal proposito per rischio geopolitico si intende il rischio consistente nella possibilità che la politica estera di un certo paese influenzi o perturbi le dinamiche politiche e/o sociali interne di un’altra nazione (o di una certa area geografica); oggi si fa riferimento sempre più ai potenziali rischi derivanti da situazioni (più o meno conclamate e riconosciute) di instabilità politica proprie di un determinato contesto nazionale e/o geografico (per esempio, casi di “conflitti a bassa intensità”, ripetuti attacchi terroristici, episodi di violenza diffusa e, comunque, aree segnate da tensioni religiose, politiche, interculturali).

In tutti questi casi, risulta necessaria una corretta ed adeguata informazione del soggetto inviato all’estero in relazione ai potenziali rischi di carattere geopolitico che, al momento della partenza, appaiano prevedibili nel contesto territoriale di destinazione:

Ed ancora altri rischi noti e congeniti alla mobilità dei Dottorandi all’estero sono i rischi di viaggio, di salute, di sicurezza, vita/lavoro (travel, health, safety).

Nello specifico, il rischio cd. Health – Salute e sicurezza nelle attività condotte all’estero può riguardare la necessità di profilassi vaccinale per i Dottorandi in procinto di svolgere attività all’estero di studio, ricerca o lavoro. A tal riguardo, l’Università di Bologna e l’ASL di Bologna hanno sottoscritto una convenzione grazie alla quale studenti e personale universitario in procinto di svolgere attività all’estero potranno accedere in via preferenziale ad un laboratorio di igiene pubblica del territorio per consulenza e conseguente vaccinoprofilassi se necessaria.

Dunque, a nostro parere, sussiste la necessità di predisporre pratiche di valutazione del rischio, in forma di sicurezza e di progettazione di misure preventive (che attualmente sembrano mancare).

A tal riguardo, di estremo interesse è la lettera della Professoressa di Filosofia politica e sociale all’Università di Milano Bicocca, Marina Calloni, che si è interrogata sulla responsabilità di ricercatori e dei docenti sul tragico caso di Giulio Regeni, attraverso un appello online.

Nello specifico, si condivide quanto sostenuto in relazione alla necessità di attivare un processo di valutazione del rischio che risulta fondamentale per chi svolge ricerche delicate, con la conseguente necessità di prevedere strategie di uscita in casi problematici.

Si tratta nello specifico di un processo di consapevolizzazione e di allerta prima della partenza e durante il soggiorno, attraverso contatti costanti e uso mirato del web al fine di porre in essere corrette strategie di risk management.  Ad esempio, “Prevedere la partecipazione di almeno un uomo e una donna, tali da poter valutare- a partire da prospettive e sensibilità diverse, ma complementari-contesti rischiosi, evitando di assumere atteggiamenti che potrebbero creare sospetti, misconoscendo il ruolo ed i compiti dei ricercatori” oppure “far rientrare i ricercatori in attività condotte da associazioni non governative o di interventi di cooperazione internazionale, tale da avere una più ampia forma di protezione del gruppo”.

Fondamentale è inoltre, quanto sostenuto dalla Prof.ssa Calloni, in relazione alla necessità di individuare a diverso titolo persone di riferimento e di appoggio in loco, che possano aiutare a gestire situazioni pericolose. “Le Università potrebbero contattare le rappresentanze diplomatiche locali, qualora, sulla base di segnalazioni emerga che i ricercatori siano potenzialmente o realmente in pericolo, a causa di eventi anomali, quali minacce, pedinamenti, perlustrazioni o altro. In questi casi è necessario intervenire con procedure sistematiche da predisporre, chiedendo la difesa consolare, attivando reti di protezione alternative o altri tipi di intervento, in un quadro di certezza operativa e non di estemporaneità”.

Inoltre, risulterebbe utile attivare corsi di formazione per Dottorandi in procinto di svolgere attività all’estero per migliorare la loro consapevolezza del contesto in cui si svolgerà la propria attività ed al fine di promuovere comportamenti sicuri e adeguati (come ad esempio, il corso di “Personal risk reduction insecure context” effettuato dall’Università di Bologna).

Inoltre, si ritiene di estrema importanza che le Università unitamente al MUR, la CRUI, il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale redigano un codice di condotta (o delle guidelines) per l’attività eventualmente svolta all’estero dai ricercatori, la cui elaborazione sarebbe opportuno fosse il risultato di un confronto ampio anche con gli stessi ricercatori.

Si potrebbe poi immaginare di integrare progressivamente tale codice con specifiche schede di rischio-Paese, rese disponibili e consultabili dai ricercatori prima di eventuali viaggi all’estero; dette schede potrebbero essere redatte partendo dalle informazioni ricavabili dalle fonti già sopra indicate e poi essere periodicamente aggiornate ed ampliate valorizzando anche l’esperienza pregressa dei ricercatori della struttura che abbiano operato nei diversi contesti nazionali stranieri.

Inoltre, in sede di progettazione/pianificazione delle attività di ricerca, andrebbe sempre previsto un momento adeguato di informazione preventiva dei ricercatori in partenza – e ciò sarebbe opportuno anche in relazione a peculiari aspetti culturali e comportamentali propri della comunità e/o del Paese di destinazione – seguendo le indicazioni formulate nelle linee guida e/o nel codice di condotta di cui si è detto sopra.

Al tal riguardo, un primo passo nel panorama nazionale è stato sviluppato dall’Università di Trieste con il progetto pilota per tutelare i propri studenti dopo la drammatica vicenda di Giulio Regeni.

Il protocollo dell’Università di Trieste rappresenta sicuramente un interessante punto di partenza; infatti i consigli riportati nella tabella qui di seguito sono senza dubbio la base da cui partire.

 

Prima di partire

 

  • Informati sul Paese di destinazione (contesto sociale, politico, di sicurezza, sulle consuetudini, sugli usi e costumi e sulla religione locali)
  • Scarica sul cellulare la app “Unità di Crisi” dove trovi informazioni utili sul paese di destinazione
  • Verifica quali sono le vaccinazioni obbligatorie e, in generale, informati su tutte le cautele sanitarie da osservare
  • Verifica la validità dei tuoi documenti (passaporto, carta d’identità) e portane in viaggio con te anche una fotocopia (che conserverai in luogo diverso dagli originali)
  • In particolare, verifica se il passaporto ha una validità residua sufficiente per la durata del tuo viaggio e dispone di almeno una pagina bianca per i timbri
  • Non dimenticare la tessera europea assicurazione malattia (TEAM – retro della tessera sanitaria) se la tua destinazione è un paese UE
  • (Per viaggi extra UE) Verifica la necessità un’assicurazione sanitaria con un adeguato massimale, che copra non solo le spese di cure mediche e terapie, ma anche l’eventuale rimpatrio con aereo sanitario di emergenza o il trasferimento in altro paese
  • (Nel caso di uso consueto di medicinali) Porta con te un’adeguata scorta di medicinali
  • Registrati sul sito https://www.dovesiamonelmondo.it/home.html
 All’arrivo
  • (Se acquisti una tessera telefonica locale) Ricordati di inserire il nuovo numero sul sito https://www.dovesiamonelmondo.it/home.html
  • Registra sul tuo cellulare i numeri telefonici di contatto locale (tutor, segreteria di riferimento dell’istituzione ospitante, ecc.) e i numeri di emergenza del Paese
  • (Se il paese di destinazione è considerato un paese a rischio) Comunica anche alla Rappresentanza diplomatica italiana (Ambasciata, Consolato) tutti i dettagli del tuo viaggio http://www.esteri.it/mae/it/italiani_nel_mondo/serviziconsolari
In caso di emergenze 
  • Evita o allontanati prima possibile dall’area interessata
  • Rimani nella tua abitazione/hotel
  • Tieniti informato attraverso i media e segui le indicazioni delle autorità locali
  • Comunica se possibile la tua posizione alla Rappresentanza diplomatica sul posto
  • Comunica se possibile la tua incolumità alla tua famiglia (attraverso sms, social media, telefono) che deve provvedere poi a darne notizia all’Unità di crisi
  • In caso di attentato o altro grave evento:

1.     Evitare l’area interessata e, se ci si trova nei pressi, allontanarsi rapidamente verso un luogo sicuro

2.     Rimanere temporaneamente nelle proprie abitazioni e/o hotel, tenersi informati attraverso i media e seguire le indicazioni delle Autorità locali

3.     Se possibile, cercare di chiedere aiuto e/o comunicare la propria posizione alla Rappresentanza diplomatica

 Suggerimenti generali 
  • (In caso di permanenza all’estero di più mesi) Sottoponiti prima di partire a visite mediche (oculista, dentista, ecc.)
  • Evita luoghi di assembramento e/o manifestazioni
  • Osserva adeguate precauzioni igienico-sanitarie (es. bere solo da bottiglie sigillate, non aggiungere ghiaccio nelle bevande, mangiare carne solo ben cotta, ecc.)
  • Indossa un abbigliamento consono (soprattutto nei luoghi di culto)
  • Non fotografare o filmare installazioni militari
  • Usa in ogni momento il generale buon senso

 

Si ribadisce che questa esperienza potrà servire alla Commissione per formulare suggerimenti al Parlamento su come normare la questione della sicurezza degli studiosi in paesi a rischio.

Del pari, l’Alma Mater Studiorum – Università di Bologna ha elaborato un Protocollo per le attività condotte all’estero dal personale e dagli studenti che si propone di tutelare la sicurezza e la salute della sua comunità anche nei periodi di mobilità internazionale.

Nello specifico è stata predisposta una guida dedicata al personale docente e ricercatori, al personale tecnico amministravo ed agli studenti che per motivi di studio e ricerca trascorrono un periodo all’estero.

In particolare, si rileva che nella parte prima della suddetta guida ovvero nella parte dedicata al “Personale docente e ricercatore” si entra nel merito di cosa possa risultare a rischio e non; ciò tuttavia con specifico riferimento all’attività endogena alla ricerca, senza focalizzarsi prettamente su questioni esogene che potrebbero verificarsi.

 

 Personale Docente e ricercatore  
1.1           Attività priva di rischi specifici

Si intendono per attività prive di rischi specifici le attività quali:

  • partecipazione a seminari, convegni, conferenze sia come relatore che come partecipante
  • partecipazioni a riunioni di lavoro, meeting, focus group, ….
  • attività didattica in aula

In tal caso il personale deve:

1 Fare richiesta di autorizzazione alla missione al responsabile del dipartimento di inquadramento.

2. In caso di mobilità in paesi UE, verificare l’effettiva copertura della Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), che è il retro della Tessera Sanitaria nazionale, per il periodo di permanenza all’estero.

3. In caso di mobilità in paesi non UE, si suggerisce di attivare una copertura assicurativa sanitaria di tipo travel. L’attivazione di tale assicurazione è personale e attualmente a mercato. Si ricorda che il Regolamento Missioni di Ateneo ne permette il rimborso.

4. In caso di infortunio, comunicare il prima possibile alla struttura UNIBO di afferenza quanto accaduto, la struttura provvederà a fare denuncia INAIL con la procedura consueta.

5. Rispettare le indicazioni in termini di “safety” e “security” dati dalla struttura ospitante.

6. Seguire la lista di controllo riportata in allegato 1.

1.2 Attività con rischi specifici all’interno di un’organizzazione di lavoro diversa da UNIBO

Si intendono per attività con rischi specifici tutte quelle attività con rischi infortunistici e che possono esporre il lavoratore/ricercatore ad agenti biologici, chimici, fisici.

Sono per esempio attività di questo tipo:

  • l’attività condotta in laboratori di ricerca
  • l’attività condotta presso strutture sanitarie e di cura
  • la partecipazione a campagne geologiche, marittime, naturalistiche, archeologiche, veterinarie. Tutte queste attività sono però condotte all’interno di una organizzazione del lavoro straniera o sotto la direzione di altri.

In tal caso il personale deve:

1. Fare richiesta di autorizzazione alla missione al responsabile del dipartimento di inquadramento.

2. In caso di mobilità in paesi UE, verificare l’effettiva copertura della Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), che è il retro della Tessera Sanitaria nazionale, per il periodo di permanenza all’estero.

3. In caso di mobilità in paesi non UE, si suggerisce di attivare una copertura assicurativa sanitaria di tipo travel. L’attivazione di tale assicurazione è personale e attualmente a mercato. Si ricorda che il Regolamento Missioni di Ateneo ne permette il rimborso.

4. In caso di infortunio, comunicare il prima possibile alla struttura UNIBO di afferenza quanto accaduto, la struttura provvederà a fare denuncia INAIL con la procedura consueta.

5. Rispettare le indicazioni in termini di “safety” e “security” dati dalla struttura ospitante.

6. Prendere visione del “safety plan” e “standard operating procedure” preparate dalla struttura ospitante.

7. Prendere visione dell’”emergency plan” preparato dalla struttura ospitante.

8. Dispositivi di protezione individuale ed eventuale supporto medico sono a carico della struttura ospitante.

9. Seguire la lista di controllo riportata in allegato 1.

1.3 Attività con rischi specifici sotto la direzione di UNIBO

Si intendono per attività con rischi specifici tutte quelle attività con rischi infortunistici e che possono esporre il lavoratore/ricercatore ad agenti biologici, chimici, fisici. Sono per esempio attività di questo tipo: l’organizzazione e la conduzione di campagne geologiche, marittime, naturalistiche, archeologiche, veterinarie.Tutte queste attività sono condotte sotto la diretta organizzazione e conduzione dell’Ateneo.

In tal caso il personale deve:

1. Fare richiesta di autorizzazione alla missione al responsabile del dipartimento di afferenza.

2. In caso di mobilità in paesi UE, verificare l’effettiva copertura della Tessera Europea di Assicurazione Malattia (TEAM), che è il retro della Tessera Sanitaria nazionale, per il periodo di permanenza all’estero.

3. In caso di mobilità in paesi non UE, si suggerisce di attivare una copertura assicurativa sanitaria di tipo travel. L’attivazione di tale assicurazione è personale e attualmente a mercato. Si ricorda che il Regolamento Missioni di Ateneo ne permette il rimborso.

4. In caso di infortunio, comunicare il prima possibile alla struttura UNIBO di afferenza quanto accaduto, la struttura provvederà a fare denuncia INAIL con la procedura consueta.

5. Prendere contatti, con congruo anticipo, con il Servizio di Prevenzione e Protezione che effettuerà la valutazione del rischio della attività (sicurez@unibo.it, tel. 051 2091423).

6. Verificare formazione ed addestramento dei partecipanti.

7. Dispositivi di protezione individuale ed eventuale supporto medico sono a carico di UNIBO.

  • 8. Seguire la lista di controllo riportata in allegato 1.

Nota: nel caso di trasporto verso l’estero di pezzi anatomici, agenti biologici, agenti chimici, rispettare le regole imposte dalle compagnie di trasporto e dal paese ospitante.

 

5) Considerazioni conclusive sulla base dell’indagine svolta da SIDRI

Dalle analisi effettuate dagli associati di SIDRI, sono emerse le seguenti proposte, punti di attenzione da sottoporre a codesta Onorevole Commissione:

  • I ricercatori affrontano periodi all’estero senza essere anticipatamente allertati circa i rischi e le relative modalità di esposizione.
  • Generalmente, non si ricevono comunicazioni circa cosa sia lecito o meno, a seconda del paese ospitante, rispetto alle tematiche di ricerca trattate ed alla tipologia di ricerca svolta. Il Dottorando o il Dottore di Ricerca può, inconsapevolmente, violare le normative del Paese ospitante, nell’ambito delle modalità di azione della propria attività di ricerca.
  • Al di fuori dei Paesi UE, il ricercatore può essere ospitato da Università Militari, inconsapevole dei comportamenti da adottare o dei rischi associati.
  • Come accade per gli accordi di cotutela tra due Atenei di due diversi Paesi, sarebbe opportuno valutare degli agreement tra i paesi, in particolar modo quelli extra UE, affinché i ricercatori possano intraprendere la propria azione di ricerca in massima sicurezza ovvero è necessario che gli stessi siano anticipatamente informati di eventuali rischi e dei relativi comportamenti da tenere, rispetto allo scope della sua stessa attività di ricerca.
  • Valutare l’opportunità di mettere in contatto il ricercatore con l’ambasciata competente, immediatamente dopo il suo arrivo nel paese ospitante.

 

Sulla base di quanto esposto riteniamo che ci siano i presupporti per una iniziativa parlamentare che raccolga le esperienze già maturate in Italia per una stesura di un protocollo nazionale, valido per ogni Ateneo pubblico e privato, da redigere di concerto con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale,  il Ministero dell’Università e Ricerca e la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane, al fine di rendere omogenee le regole per la tutela di coloro che svolgono attività di docenza e ricerca nelle zone ad alto rischio geo politico.

La Società Italiana del Dottorato di Ricerca, pertanto, con l’audizione odierna chiede a codesta Onorevole Commissione di farsi promotrice, se del caso, anche di un disegno di legge – ora più che mai necessario e non più procrastinabile – al fine di regolamentare le fattispecie indicate nel presente Statement e, successivamente, attraverso la delegazione italiana al Parlamento Europeo, di farsi promotrice di un protocollo valido per l’intera Unione Europea, dichiarando la nostra massima disponibilità a lavorare in tale direzione.

 

Antonio de Lucia, Presidente SIDRI

Claudio Costantino, Vice Presidente SIDRI

Paola Costantini, Coordinatrice Area Tematica Università SIDRI

Giovanna Zampogna, Coordinatrice SIDRI – Università Mediterranea

Marco Menale, Coordinatore SIDRI – Università della Campania

Salvatore Casarrubea, Coordinatore SIDRI –  Università degli studi di Palermo