La proposta di SIDRI al Ministro Fabiana Dadone per la valorizzazione del Dottorato di Ricerca nella Pubblica Amministrazione

SIDRI – Valorizzazione del Dottorato di Ricerca nella Pubblica Amministrazione
Per il trasferimento delle conoscenze e lo sviluppo dell’innovazione nel sistema pubblico

I Dottori di ricerca sono una risorsa centrale e strategica per il sistema Paese. Sia a livello europeo sia a livello nazionale, il valore del Dottorato di ricerca risulta in continua evoluzione: dalla formazione dei ricercatori, a quella di innovatori, capaci di irradiare e trasferire conoscenze, metodologie e competenze ad alto valore aggiunto nel tessuto socio-economico.
Superando la logica secondo cui tale formazione sarebbe spendibile soltanto all’interno del mondo accademico, è necessario, oltre che opportuno, considerare il contributo che tali risorse possono fornire per lo sviluppo e la crescita dell Paese attraverso un loro virtuoso utilizzo nella Pubblica Amministrazione.
Le PP.AA. nel corso degli anni hanno progressivamente innalzato i titoli di studio previsti per i ruoli di funzionario, richiedendo il requisito della laurea sia per l’accesso dall’esterno tramite concorso (articolo 13, Legge n. 312/1980), sia per le “progressioni verticali” interne (articolo 62, D.lgs. n. 150/2009).
Successivamente, il legislatore italiano ha iniziato a valorizzare il titolo di Dottore di ricerca prevedendo:

  • alla lettera e) ter, dell’art. 35, c. 3 del d.lgs. 165/2001, il principio secondo cui nelle procedure di reclutamento nelle PP.AA. è prevista la “possibilità di richiedere, tra i requisiti previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso del titolo di dottore di ricerca, che deve comunque essere valutato, ove pertinente, tra i titoli rilevanti ai fini del concorso”;
  • alla lettera f), dell’art. 17, c. 1 della Legge 124/2015, cd. Legge Madia, nell’ambito del riordino della disciplina del lavoro alle dipendenze delle PP.AA., tramite appositi decreti legislativi – ad oggi non ancora emanati – deve valorizzarsi il “titolo di dottore di ricerca, in attuazione di quanto previsto dall’art. 4, c. 7 della Legge 3 luglio 1998, n. 210, e dall’art. 17, c. 111 della Legge 15 maggio 1997, n. 127, e successive modificazioni” .

Nonostante gli evidenti principi sopra menzionati, nella pratica al titolo di Dottore di ricerca non è riconosciuto un sufficiente valore, sia nei percorsi di accesso dall’esterno alla PP.AA., sia nelle procedure interne di sviluppo e progressione verticale.
Durante il loro percorso di studio e di ricerca, i dottorandi acquisiscono e perfezionano un metodo di lavoro scientifico e rigoroso finalizzato ad analizzare, descrivere, interpretare e valutare in maniera oggettiva e approfondita i fenomeni. Inoltre affrontano oggigiorno anche una qualificata attività amministrativa (progetti, convegni, bandi, manifestazioni di interesse, finanziamenti) e rappresentano l’ente all’esterno. Tutto questo fornisce ai dottori di ricerca una formazione – anche professionale e non più limitatamente accedemica – caratterizzata da efficaci doti di problem solving, spiccate competenze e conoscenze rivolte al continuo miglioramento, elevata capacità di trasferire modelli e paradigmi scientifici, organizzativi e comportamentali all’interno delle organizzazioni.
Tuttavia, ad oggi, nonostante sia consolidata la tesi secondo cui la qualità delle organizzazioni è direttamente proporzionale alla qualità delle risorse che le compongono, questo “asset” strategico non risulta compiutamente valorizzato, laddove, invece, costituirebbero un quid pluris indiscutibile per potenziare il processo di miglioramento delle organizzazioni pubbliche, di potenziamento della misurazione dei risultati, di ampliamento della valutazione partecipativa dell’utenza e, in generale, un progressivo miglioramento del management.
SIDRI rappresenta l’istanza di potenziare l’utilizzo dei dottori di ricerca nelle PP.AA., anche a mente del fatto che ai percorsi di Dottorato, a differenza di tutte le altre formazioni universitarie, si accede per concorso pubblico.
Questo è un aspetto centrale e dirimente, eppure nonostante l’indiscutibile valore aggiunto dato dall’aver superato una selezione pubblica e il successivo triennio di alta formazione formazione universitaria, il Dottore di ricerca non è al momento sufficientemente valorizzato nelle PP.AA. italiane.
Tale situazione è oggettivamente non in linea con le premesse sopra riportate, tenuto conto delle competenze dei Dottori di ricerca, la cui valorizzazione nella P.A. permetterebbe di:

  • rendere fruttuoso l’investimento in termini di formazione sostenuto dalle istituzioni universitarie e di ricerca ed in generale dallo Stato;
  • supportare il processo di cambiamento culturale ed organizzativo delle PP.AA.;
  • innalzare la produttività e l’efficienza della macchina amministrativa;
  • contrastare la fuga verso l’estero di risorse con elevato grado di formazione, il cosiddetto brain drain;
  • ripristinare un equilibrio tra i diversi gradi della formazione ed i requisiti minimi richiesti nell’ambito dei processi interni (progressioni) ed esterni (concorsi).

È evidente che la suddetta valorizzazione dev’essere supportata grazie all’introduzione di specifiche disposizioni nei decreti legislativi menzionati, atte a imprimere un’efficacia giuridica vincolante al titolo di Dottore di ricerca.

A tal fine, SIDRI propone alcuni spunti:

Premessa  Misure

Il titolo di dottore di ricerca è riconosciuto, sia a livello europeo, che nazionale, quale livello di istruzione più alto previsto dalla formazione post laurea dell’ordinamento universitario. Al fine di garantire la promozione del titolo dottorale, in attuazione a quanto statuito dall’art. 17, c. 1, lett. f della Legge 124/2015, nonché dell’art. 35 del D.lgs. 165/2001, il  decreto legislativo dovrebbe  definire le modalità con cui la PP.AA. dovrà procedere alla selezione dei dottori di ricerca per il loro accesso nel pubblico impiego, sia prevedendo posti riservati per la relativa categoria nell’ambito dei concorsi pubblici, sia definendo le modalità con cui espletare specifici concorsi per il ruolo della dirigenza nei quali si riconosca in modo distintivo il maggior valore del Dottorato di ricerca.

  1. Promuovere il Dottorato di ricerca nell’ambito dei titoli cui attribuire un maggiore punteggio, superiore rispetto ad ogni altra specializzazione post-lauream, nei concorsi per l’accesso ad impieghi pubblici, incluso quelli dirigenziali;
  2. Per le procedure concorsuali per le quali sono richieste particolari lauree specifiche, sussumere il titolo di dottore di ricerca al tipo di laurea richiesta;
  3. Completare l’attuazione del rinnovato art. 35 del d.lgs. 165/2001, come riformato dal d.lgs. 75/2017 introducendo la necessità di richiedere, tra i requisiti minimi  previsti per specifici profili o livelli di inquadramento, il possesso del titolo di Dottore di ricerca.

Si ritiene, pertanto, necessario coinvolgere le Commissioni parlamentari competenti, il Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il Ministro dell’Università e della Ricerca, il Ministro della Pubblica Istruzione, il Ministro per la Pubblica Amministrazione in iniziative atte a valorizzare maggiormente il titolo di Dottore di ricerca nelle P.A., sia sui punti precedentemente descritti sia su altri fronti tra cui:

  • la possibilità di operare passaggi tra le aree e fasce retributive legate anche al titolo di dottore di ricerca;
  • la previsione di una più agile circolazione dei dottori di ricerca tra le PP.AA., attraverso piani di mobilità che facilitino il ricollocamento del dottore di ricerca, già dipendente pubblico, in altra amministrazione dove le proprie competenze dottorali risultano più spendibili;
  • l’applicazione concreta dell’articolo 35 del D.lgs. 165/2001 che stabilisce la facoltà per le PP.AA. di bandire procedure concorsuali per soli dottori di ricerca nel caso occorra ricoprire ruoli per i quali è richiesta elevata specializzazione;
  • la previsione di estendere quanto previsto dall’art. 7 comma 2 del D.P.R. n.70 del 16 aprile 2013 per i corsi-concorso anche ai concorsi pubblici per dirigenti, ovvero consentendo la partecipazione alle selezioni anche a chi non è un dipendente di ruolo della PP.AA., ma è in possesso del titolo di dottore di ricerca;
  • l’abolizione del voto di laurea minimo per l’accesso ai concorsi pubblici per chi possiede il Dottorato di ricerca, in quanto si tratta di titolo accademico superiore alla stessa laurea;
  • l’attribuzione di adeguato punteggio al titolo di Dottore di ricerca nei concorsi pubblici, sensibilmente supehhriore rispetto a quello attribuito a master, specializzazioni post-laurea, abilitazioni professionali e all’insegnamento;
  • l’attribuzione, nei concorsi pubblici, di riserve di posti per i Dottori di ricerca;
  • la riserva di posti ai Dottori di ricerca in corsi ad elevata specializzazione organizzati dalla Scuola Nazionale dell’Amministrazione, secondo le aree tematiche di competenza;
  • l’attivazione di percorsi di Dottorato finalizzati alla formazione specifica dei futuri quadri e dirigenti, anche attraverso una maggiore sinergia tra Università, Ricerca, Scuola Nazionale dell’Amministrazione e PP.AA.

In conclusione, il recepimento delle nostre istanze consentirebbe:

– la piena valorizzazione del titolo, distinguendolo dagli altri titoli formativi universitari, quale facilitatore dei processi di modernizzazione della P.A.;

– una maggiore appetibilità della P.A. nei confronti di risorse ad elevato livello professionale, unita ad una migliore possibilità per le PP.AA. di reperire soggetti predisposti al cambiamento ed al rinnovamento ed in grado di assolvere a ruoli di elevata responsabilità.

Ringraziandola anticipatamente per la disponibilità, restiamo a sua completa disposizione  per contribuire a delineare – attraverso l’utilizzo dei dottori di ricerca – un modello di pubblica amministrazione che sia sempre più in grado di rispondere alle richieste ed alle istanze della collettività.